di DON ERNESTO MALVI
Primo maggio, giornata dedicata dalla Chiesa a fare grata memoria di San Giuseppe Lavoratore e nella quale, opportunamente, si celebra la tradizionale festa del lavoro. Come Parroco di un Paese dell’Aspromonte, Cardeto, desidero far giungere un messaggio di vicinanza, umana e cristiana, a quanti soffrono per la mancanza di quel bene necessario alla realizzazione di una vita buona che è il lavoro. Il lavoro prima di tutto. Perché è ciò che crea dignità e fa sentire le persone umane nel più profondo senso della parola. Partendo da questi presupposti a Cardeto i giovani hanno pensato di rilanciare una nuova cooperativa con nuove idee soprattutto nell'ambito produttivo oltre all'attività sociale già esistente. Il tutto è stato presentato in quella che è la “Sala della Comunità” accanto alla chiesa di S. Sebastiano “Cantiere della provvidenza”.
La volontà dei giovani è quella di misurarsi con il difficile mondo del lavoro e a recepire ogni forma di disagio e a dare un supporto a chiunque ne abbia bisogno in base a dei pilastri: l'accoglienza, la prevenzione, la formazione, la produzione. Da sempre il lavoro è considerato da tutti come un diritto fondamentale dell'uomo che costituisce, in qualche modo, la chiave e lo strumento indispensabile per affrontare e portare a soluzione le varie questioni sociali che sorgono lungo la storia umana.
La cooperativa, partendo dal fatto che l’assistenzialismo statale avrà margini sempre più sottili, vuole alimentarsi anche con propri profitti. I soci sono figure provenienti da ambiti diversi e con competenze variegate che hanno deciso di mettersi insieme per affrontare una sfida, quella della cooperazione, che lanciamo anche agli altri, vale a dire aiutare le persone in difficoltà non con la carità, che non risolve i problemi, ma dando loro lavoro.
Le persone che si trovano in situazioni di disagio e senza lavoro sono tante, sempre di più: non solo extracomunitari, ma anche intere famiglie locali. I principi della cooperativa sono “società”, “persona”, “ambiente”. Ogni persona è un “cantiere”. L’intento con cui siamo nati è mutualistico. La carità non è solo assistenzialismo, ma dare anche valore e piena autonomia economica. Non siamo in competizione o un’alternativa ad altre cooperative sociali per conquistare fondi pubblici. Il nostro scopo è essere autonomi economicamente, generare da noi stessi i fondi. Vogliamo essere un "incubatore". Ma con una differenza rispetto alle imprese fondate su modelli economici: quello che si introietterà sarà anche riversato in aiuto a chi vive situazioni difficili. “Economia di Comunione”. Inoltre la cooperativa sta già ideando diversi progetti e siamo aperti a ogni possibile progetto, che potrà arrivarci anche dall'esterno, da imprese, da privati, da giovani talenti che hanno idee in testa.
Non abbiamo ancora un terreno sul quale calibrare il nostro progetto, un parco agricolo urbano, un’azienda aperta produttiva e in grado di garantire reddito per noi e le nostre future famiglie, sembrerebbe una banalità, ma è bene sottolinearlo in un ambito in cui la remunerazione del lavoro peggiora di generazione in generazione. Intendiamo sfruttare tutte le possibilità date anche dall'agricoltura multifunzionale: intorno al cuore produttivo che applicherà il modello del biologico e in cui sarà spiccata l’attenzione ad un utilizzo sensato delle risorse, intendiamo sviluppare una serie di attività che valorizzino il patrimonio di conoscenze e metodi dell’agricoltura.
Tutto questo in un tempo segnato da un crescendo di preoccupazioni legate ad una crisi economico-finanziaria e produttiva sempre più severa, lo sforzo da fare per uscire da un tunnel senza luce che continua paurosamente ad allungarsi, resta quello di ripartire. L'allontanamento dei giovani adulti, forza lavoro ed economica del paese, ne ha accentuato l’impoverimento, nostra intenzione è arrestare questo continuo spopolamento per dare alla quotidiana attività lavorativa un valore ambientale, sociale e politico. Vogliamo custodire il terreno e il territorio; come azienda favorire l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate; come imprenditori vogliamo innovare i processi produttivi e partecipare ad una efficiente amministrazione dei beni pubblici. Ci rendiamo conto di quanto questo sia un progetto ambizioso per una giovane cooperativa che non può contare su capitali reali e d’esperienza. Il ricambio generazionale è un punto critico del mondo agricolo e il meccanismo della tradizione che vedeva il passaggio del saper fare e dei saperi di padre in figlio si è inceppato. Nonostante ciò, noi sappiamo di poter contare su un periodo di affiancamento tra vecchio e nuovo, quello che non avviene più tra padre e figlio può avvenire ora tra cooperativa e cooperativa. Contiamo quindi di imparare tutto ciò che Agricoltura Nuova può insegnarci e utilizzare al meglio tutto l’aiuto che riceveremo. Speriamo, inoltre, di poter contare sul supporto che le istituzioni locali e nazionali potranno fornirci per coltivare valore e valori.
La crisi è gravissima e si allarga ogni giorno di più e ci porta a condividere quotidianamente il dramma di persone, soprattutto lavoratori e imprenditori, che si trovano senza lavoro e senza futuro, di famiglie travagliate da paralizzanti incertezze e dal sentirsi come in mezzo ad una strada che non porta da nessuna parte, di giovani respinti dal mercato del lavoro e ai quali viene negata l'opportunità di farsi una famiglia e di realizzare la propria personalità. È arrivato il tempo di cambiare marcia, con una rinnovata assunzione di responsabilità che veda prevalere l'impegno e la disponibilità di tutti verso il lavoro: banche, imprese, sindacati dei lavoratori, società civile, comunità politica. Con il lavoro, c'è da salvaguardare il bene incommensurabile della coesione sociale e, soprattutto, di quella spirituale e culturale dei nostri popoli che, resi ricchi dal dono della fede e con una laboriosità esemplare e intelligente, hanno saputo compiere nel tempo memorabili opere di promozione umana.
I Cardetesi, tanto giovani che anziani, sono convinti che i tradizionali pilastri della loro economia locale, del territorio e alla valorizzazione delle tipicità, cioè i prodotti dell'agricoltura, della pastorizia, dell'allevamento di suini (tutti conosciuti per la loro caratteristica ed unica prelibatezza), benché non abbiano oggi un ampio mercato, costituiscono una valida ripartenza per un modello di sviluppo. Ma accanto a tutto questo e alle strutture ricettive tradizionali, si devono aprire nuove forme di ospitalità di soggiorni brevi, all'insegna del risparmio, ma soprattutto con il desiderio di entrare in contatto diretto con la storia, l'arte, la cultura e l'enogastronomia delle tante realtà locali di cui è ricco il nostro Paese.
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