RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:
[Domenico Nania]
[Maria Biondo]
Il problema dell'erosione del suolo è diventato in questi ultimi anni di dominio pubblico per le conseguenze vistose che ha provocato sul territorio con perdita di vite umane e ingenti danni economici. Tuttavia il nostro paese continua a subire le conseguenze del dissesto idrologico. La carenza d'informazioni sulla più appropriata utilizzazione dei suoli, l'abbandono delle vecchie sistemazioni idraulico-agrarie e idraulico-forestali, specie nella nostra regione, l'eccessiva antropizzazione del territorio, l'uso di tecniche agronomiche inadeguate, l'aggravante fenomeno degli incendi boschivi, hanno portato ad una notevole intensificazione dei processi erosivi. La quasi totalità del territorio calabrese è infatti un territorio con forti dislivello (in vari punti della Regione si passa in pochi chilometri dal mare alla montagna)e geologicamente "giovane", per cui, la conformazione del territorio è spesso soggetta a modifiche naturali. La vulnerabilità del territorio calabrese al rischio idrogeologico è storicamente nota, basta ricordare a tal proposito le disastrose alluvioni del 1951, del 1972-1973 che hanno devastato anche il nostro paese, provocando ingenti danni a strade, case, e all'intera popolazione Cardetese; - nessun piano contro il dissesto idrogeologico dell'intera Regione Calabria risulta essere mai stato attuato, nonostante gli allarmi più volte lanciati dall'ordine dei geologi, da Legambiente e dalla Coldiretti della Calabria; è decisamente individuabile l'uso dissennato ed incontrollato del territorio; non vi è stata un'oculata difesa del suolo; spesso è venuta ameno la valutazione sull'impatto ambientale sia per la realizzazione delle infrastrutture sia per lo smaltimento dei materiali da riporto; molte opere di difesa sono risultate inadeguate; fiumi e torrenti non sono mai stati messi in sicurezza. Anche il torrente S.Agata non ha subito modifiche dall'ultima alluvione. Fermare i dissesti idrogeologici non è impossibile da parte degli uomini:
-far tesoro della memoria storica come non ricordate tutti gli sfollati nelle varie frazioni salvaguardare le aree a rischio, attraverso la redazione di piani di studi specifici (tra questi il P.A.I.), per eseguire adeguati interventi di consolidamento a priori e non dopo che si sono verificate catastrofi, preservando così luoghi suggestivi, tutelando le persone che vi abitano;
- bisogna diffondere la cultura di non urbanizzare la cultura di non urbanizzare là dove la situazione è già compromessa dal punto di vista idrogeologico. Puntualmente, dopo ogni alluvione vengono avviate le dovute richieste per lo stato di emergenza e per l'elargizione di adeguati finanziamenti, alle quali, però, non si dà mai seguito ad una corretta pianificazione nè ad alcun riassetto idrogeologico del territorio. La politica cardetese per anni ha gestito il territorio e la edificabilità dello stesso con soli fini clientelari senza preoccuparsi dei problemi, neanche quando avevano i rischi sotto gli occhi. Un dissesto ideologico di una classe politica cardetese volta piuttosto a preoccuparsi di fare il favore a questo o a quello che non a fare un favore alla collettività, magari mitigando i rischi con opportune opere di consolidamento o, quantomeno, predisponendo un adeguato sistema di monitoraggio delle frane non consolidate. La politica, invece di occuparsi di come spartirsi i Soldi, con i venti di federalismo fiscale che si vanno prospettando, farebbe meglio ad occuparsi di governare il territorio mitigando i rischi idrogeologici conseguenti a quegli eventi che tanto straordinari più non sono. Adesso possiamo solamente farci una domanda: Dobbiamo aspettare che ci sia una nuova alluvione devastante affinchè cambi qualcosa?
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